“Quando i personaggi son vivi, vivi veramente davanti al loro autore, questo non fa altro che seguirli nell'azione, nelle parole, nei gesti ch'essi appunto gli propongono; e bisogna ch'egli li voglia com'essi si vogliono”
Sei personaggi in cerca d'autore - Luigi Pirandello - 1921

L'origine della cantastorie

Sono stati quelli che poi sarebbero diventati i miei personaggi a renderlo necessario quando, in maniera del tutto innocente, hanno cominciato a raccontarmi le loro storie. All’inizio erano piccole confidenze tra vecchie amiche, brevi racconti davanti un caffè sull’esito dell’ultimo appuntamento galante o le evoluzioni della storia con l’ultima conquista.

Lentamente ho iniziato a innamorarmi delle loro storie romantiche ma vere, travagliate, appassionanti con la loro lunga sequela di “La persona giusta al momento sbagliato”, “La persona sbagliata al momento giusto”, “Un completo idiota”, “È carino ma non mi capisce” e chi più ne ha più ne metta.

Appassionata da sempre di romanzi rosa, ho iniziato a vedere nella vita reale ovvie assonanze con le storie raccontate tra le pagine dei libri. Sono tante le donne che cercano di ricreare nella vita reale la passione travolgente e l’amore incondizionato di cui hanno letto nei loro romanzi preferiti e mi sono chiesta cosa sarebbe accaduto se, invece, si tentasse di ricreare nei romanzi quello che accade nella vita reale.

Illuminazione? Forse la prima volta che qualcuno ci ha pensato, poiché, con deroghe ed eccezioni, è il tentativo in cui si cimentano tutti i romanzieri da sempre ma è solo la prima volta che si immagina davvero di raccontare una storia che ci si rende conto di quello che significhi.

A me è capitato una mattina andando in ufficio (all'epoca detto Il-covo-di-vipere). In auto ripensavo alla storia d’amore che una mia amica stava vivendo e l’effetto è stato lo stesso che ripensare al bel finale di un libro ben scritto, quel senso di sommesso piacere che riempie l’animo di energia positiva (qualunque sia la storia, qualunque sia l’epilogo), ma nessuno avrebbe mai raccontato la storia della mia amica perché, seppur delizievole, è una storia normale. Quando il mio telefonò ha squillato e ho risposto mi è venuto naturale chiedere “E se scrivessi un romanzo rosa?”.

“Perché no?” è stata, come di consueto, la risposta di mio marito.

Inizio lavori

“Perché no?” ho chiesto a me stessa quando, qualche sera dopo, ho acceso il pc e davanti a una pagina bianca ho cercato di raccontare della storica prima volta in cui lui le aveva detto il fatidico “Ti amo”. Non esattamente l’inizio del primo capitolo, lo so, ma non ricordavo o forse nemmeno conoscevo ogni dettaglio dei primi momenti di quella relazione così ho cominciato da quello che sapevo.

Le prime pagine, è inutile chiederlo a una scrittrice navigata, sono state un eccellente disastro! Un tripudio di mediocrità. Leggete le mie considerazioni sulla scrittura creativa per capire quanto può essere complicato approcciarsi con un prodotto di scrittura creativa ben fatto e strutturato.

Carta, penna e calamaio

Altra battaglia è stata quella combattuta con il più grande alleato e l’acerrimo nemico giurato di uno scrittore dei tempi moderni, quella che oggi gli addetti ai lavori chiamano Information Technology (insieme delle tecnologie che vengono utilizzate per l’archiviazione, la trasmissione e l’elaborazione di dati, l’uso di reti, elaboratori e attrezzature di telecomunicazione, N.d.A), permettetemi di dire: “una parolaccia”!

Date un’occhiata al racconto sulle mie disavventure tecnologiche per sapere come tra Microsoft Word, i pdf, le pendrive e la tastiera del mio pc che, all’epoca dei fatti, arrivava dalla Gran Bretagna e non aveva le lettere accentate, è stato un susseguirsi di file cancellati per sbaglio, paragrafi da riscrivere completamente, errori prima corretti che poi ritornano magicamente, frasi perse per sempre, formattazione “sputtanata” (ps: “sputtanata” è il termine tecnico visto lo stato in cui riversavano alcuni miei file).

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Questione di punti di vista

Più importante di tutto, dovevo raccontare questa storia di cui non conoscevo i dettagli. Dovetti quindi chiedere direttamente alla fonte: protagonisti e loro amici e conoscenti. Inizialmente, ho cominciato col chiedere qualche informazione senza spiegare il motivo della mia curiosità ma, ben presto, è stato chiaro, a loro che io stessi nascondendo qualcosa, a me che il giorno in cui avessi avuto tutte le informazioni avrei pubblicato direttamente dal futuristico pc del centro per anziani in cui avrei vissuto ormai ottuagenaria. Quindi ho confessato.

L’idea di essere i protagonisti di un romanzo non è stata completamente bocciata anche se non ha accolto sin da subito i consensi sperati. Diciamo che la prima cauta ma, lasciatemi dire, moderatamente aperta, risposta è stata “Tu sei pazza”.


Nonostante le prime difficoltà iniziali non mi sono arresa e, imprecando contro la tecnologia, impelagata nell’impossibile scelta tra prima e terza persona, costretta a spasimare dettagli, buttai giù alcune scene che, dopo una prima lettura da parte della mia amica sono risultate… inesatte e approssimative, esattamente il mio obiettivo! La penosa prima versione ha solleticare l’orgoglio della protagonista al punto di colmare le mie lacune e raccontarmi, in dettaglio questa volta, i fatti.

Riempite pagine e pagine della mia Moleskine, con all’attivo ore e ore di audio-appunti da sbobbinare, mi sono ritrovata di fronte alla terribile verità: il famosissimo adagio che suggerisce di ascoltare l’altra campana è più vero che mai quando si tratta di sentimenti, quando gli occhi sono, nel bene e nel male, quelli del cuore.

Ho così iniziato delle vere e proprie interviste non solo ai protagonisti ma anche a quelli che sarebbero stati i personaggi collaterali. Mi sono messa nelle condizioni di fare mie le loro parole, i loro gesti, le loro emozioni per trasporli su quel bianco foglio digitale che è così facile dimenticare di salvare.

Il senso della storia

È stato così che il mio primo vero romanzo ha iniziato a vivere di vita propria, è stato allora che ho cominciato a leggere io stessa mentre abbozzavo i paragrafi. Digitando la frase precedente, spessissimo, non conoscevo il contenuto della frase successiva di una storia che mi veniva raccontata momento dopo momento. Ho progressivamente cominciato a sviluppare un rapporto inedito con quegli individui che erano, ormai a tutti gli effetti, divenuti i miei personaggi.

È stata questa la vera sfida, scoprire le loro motivazioni, i loro sentimenti, elaborare assieme a loro le loro stesse emozioni e renderle come meglio fossi in grado di fare.

La prima bozza

Quando sono stata pronta con la prima bozza, diligentemente fatta revisionare dai protagonisti, ho iniziato a svolgere la parte professionale del lavoro, quella che non si fa con cuore e pancia ma solo con testa e tecnica. Ormai avvezza alla tecnologia, Microsoft Word non aveva più segreti per me (poi hanno fatto degli aggiornamenti software e mi sono ritrovata al punto di partenza), sfornavo pdf come non ci fosse un domani, avevo già smesso di salvare i file su pendrive dedicandomi a strumenti nettamente più professionali (e infinitamente più complicati da padroneggiare), munita, infine, di tastiera italiana con tanto di lettere accentate, continuava comunque il susseguirsi di file cancellati per sbaglio, paragrafi da riscrivere completamente, errori prima corretti che poi ritornano magicamente, frasi perse per sempre, formattazione “sputtanata” (ps:“sputtanata” continua ad essere un termine tecnico visto lo stato in cui continuano a riversare alcuni miei file) ma finalmente avevo quel malloppazzo di pagine stampate su cui iniziare il lavoro di editing. Eccitatissima ho preparato una bella tazza di tè forte e ho cominciato. Venti minuti dopo… volevo morire!

Errata corrige

Il lavoro di editing, di cui potete leggere nel mio racconto sulla revisione delle bozze, è di una noia mortale e una complessità pazzesca. Quando, tutta tronfia, mi ero convinta che essere una scrittrice indipendente fosse un’idea grandiosa, non sapevo minimamente che, sotto gli abiti, gli editor nascondono molto probabilmente delle ali. Ho dovuto rileggere tutta la storia diverse volte (sei), prima di trovare un’anima pia che decidesse di aiutarmi a revisionare il documento.

Nelle settimane successive si sono aggiunti alla mia temeraria prima beta-reader altri due ignari avventori ed è così che ha iniziato a costruirsi il gruppo dei Criticoni. Se volete sapere di più di questo male assortito gruppo di criticoni, o di tutte quelle persone che partecipano alla realizzazione dei miei libri, non perdetevi le curiosità sul team Prince.

Ancora non ci siamo

Con il manoscritto finalmente pronto e corretto in ogni sua parte credevo ingenuamente di essere pronta a pubblicare e possedevo perfino una copertina, tralasciando la fatica mostruosa che era stata scegliere il titolo e l’immagine di sfondo. Così non mi restava altro che creare un account Amazon KDP e cliccare su pubblica.

No! Non esattamente così semplice.

Una persona normale, mediamente assennata, avrebbe ragionevolmente inviato il suo file prodotto con l’amato Microsoft Word (la parola amato deve essere letta in tono sarcastico, N.d.A.), ma io, perfezionista come sono, non ho potuto. Ho voluto essere sicura al 100% che tutto fosse formattato correttamente (ovvero “sputtanato” correttamente nel mio caso). Così ho iniziato quella che, mesi dopo, sarebbe passata alla storia come “La seconda grande guerra contro la tecnologia”. Ho scaricato l’editor per gli ebook di Amazon KDP e verificato come veniva visualizzato il mio libro, risultato: una merda! (Scuate di nuovo, ancora guadagnato sul campo).

Si ricomincia tutto daccapo. Olè!

Trucco e parrucco al romanzo, per favore!

Di per sé trasformare il proprio file Microsoft Word in un ebook non è un’operazione complicata ma, per me che avevo un’idea estremamente chiara di come volevo fosse il libro, lo è diventato. Ho impiegato le prime settimane a capire come funzionasse il programma, le successive a capire come farlo girare su quel catorcio del mio vecchio pc con la tastiera inglese senza lettere accentate (particolare ininfluente ma la cosa mi ha segnato non poco e cerco di menzionarla quando posso). Quando finalmente sono divenuta padrona della tecnologia, hip hip urrà, ho dovuto rileggere tutto di nuovo, due volte. Magra consolazione: ho potuto sfogare gioie e frustrazioni in un articolo tematico; leggete come ho trasformato il mio manoscritto in ebook e scoprite di più sulla mia esperienza con Kindle Create.

Finita anche l’ennesima revisione, con la formattazione per la prima volta non “sputtanata”, apparentemente almeno, potevo finalmente pubblicare ma, in realtà non è stato così semplice, perché Amazon fa domande davvero impertinenti per cui mi sarebbero serviti giorni per decidere come rispondere; leggete i dettagli al riguardo nel mio racconto sulla auto-pubblicazione con Amazon KDP. Alla fine ho chiuso gli occhi, ho cliccato un pulsante ed entro 72 ore ero online. La versione cartacea è stata tutt’altra questione con le sue reiterate revisioni che hanno portato il totale a undici e il mio livello di follia a valori incalcolabili; leggete di questo nel racconto sull’editing della versione paperback.

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L’epilogo

Insomma, il mio primo libro fu un parto, di elefante per essere precisi, completo di corteggiamento, innamoramento e preparazione di un matrimonio in grande stile. Alla fine, oltre a un ebook e una versione paperback (visitate l’area shop per scoprire dove sono disponibili) e a una bella esperienza di scrittura creativa sono in lista d’attesa per una laurea honoris causa in Information Technology perché, vi assicuro, che la cosa più complicata dello scrivere un romanzo non è la storia o l’epilogo, come molti potrebbero pensare, ma riuscire nel disperato tentativo di non perdere tutto il lavoro ogni volta che si spegne il pc!

L’uccellino ha spiccato il volo

Iniziato il primo romanzo, ingenua come ero allora, mi sono chiesta che genere di autrice sarei stata. Mi ero sempre immaginata morbosamente legata alla mia creatura tanto da non voler mettere la parola “Fine”. È proprio vero, non si sa che genere di persona si possa essere in una certa situazione finché non ci si capiti e, molto spesso, si finisce per stupire sé stessi.

È stato uno dei miei beta-reader ad avvisarmi: a quanto pareva ero on-line, la mia creatura apparteneva al mondo. Non mi sono resa immediatamente conto di cosa significasse, non fino a quado non ho ordinato, per me stessa, una copia cartacea.

Ho trovato il pacchetto sul tavolo della sala da pranzo quando sono rincasata, qualche giorno dopo. Avevo scordato perfino di averlo ordinato ed è stata una vera sorpresa, una volta scartato, ritrovarmi il libro tra le mani, qualcosa che non sentivo mi appartenesse come aveva fatto fino ad allora.

Annusavo l’odore tipico della carta fresca di stampa, sfogliandolo come si fa con un libro appena acquistato, un libro che ho subito avuto l’improbabile impressione di non aver mai letto.

Ho preparato una tazza di tè verde e mi sono immersa nella lettura. È stata la prima volta che l’ho letto veramente, senza l’ansia di cercare errori (che comunque ho trovato in abbondanza), senza la voglia di modificare un passaggio o sostituire una parola, senza la necessità di pormi domande sulla punteggiatura; semplicemente ho letto perché quella non era più la mia creatura ma un libro in cui quello che contano sono la storia e i suoi personaggi e mai l’autore.

Il sequel

Quando è arrivato il momento di creare il sito web avevo pensato a una sola grossa e brutta pagina con la copertina dei libri già pubblicati ma poi, come la cera che si accumula alla base di una candela, la mia curiosità ha iniziato, lenta e inesorabile, ad avere la meglio trasformandomi da scrittrice in lettrice.

Con tanto tempo a disposizione per pensare e la voglia di condividere i passaggi che mi hanno portato a intraprendere la via della scrittura, ho iniziato a ripercorrere avidamente i momenti fondamentali del mio percorso e più scrivevo, più ricordavo, più esploravo una parte del lavoro di scrittore che non avevo mai curato con particolare attenzione: il post-romanzo.

Sembra difficile da credere ma, quando si scrive per il solo piacere di farlo, spesso si dimentica qual è il fine ultimo di quel piacere effimero che dà la scrittura creativa, quel fine che, invece di perseverare nell’egoismo, è altruista: dare vita a una storia. È in quest’ottica che al sito si sono aggiunti: la sezione per gli extra, dove racconto retroscena e approfondisco argomenti e curiosità su ogni romanzo; il diario di bordo, con gli articoli tematici in cui racconto le mie disavventure da scrittrice; le parti in cui racconto di me come autrice, del gruppo di persone che mi supporta e sopporta (soprattutto) e dell’universo creativo in cui si svolgono le vicende narrate nei romanzi.